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05
08
2019

STABILIZZAZIONE VERTEBRALE LOMBARE A SEGUITO DI ARTROSI-ERNIA-STENOSI DEL CANALE

Di spaziomedica 0

DI COSA SI TRATTA

La colonna vertebrale è formata da 33 segmenti vertebrali di cui 7 cervicali, 12 toracici, 5 lombari, 5 sacrali e 4-5 coccigei. Una vertebra generica presenta: anteriormente un corpo, di forma pressoché cilindrica, costituito da un anello di tessuto osseo compatto contenente tessuto osseo spugnoso; posteriormente vi sono invece i cosiddetti archi vertebrali che circoscrivono il foro vertebrale, la cui giusta posizione ha per effetto di delimitare il canale vertebrale, al cui interno alloggia il midollo spinale, dal quale escono tutti i nervi spinali per il movimento e la sensibilità del corpo.

Non tutte le vertebre sono uguali! Esse infatti differiscono l’una dall’altra soprattutto in base alla posizione in cui si trovano (le cervicali ad esempio dalle lombari, che stanno più in basso). Le vertebre a livello lombare sono molto “tozze”, con un corpo vertebrale molto grande perché devono sopportare il peso del corpo che sta sopra a quei segmenti. Inoltre, un’altra importante caratteristica delle vertebre lombari è il fatto che sono molto mobili rispetto a quelle toraciche, il cui movimento è più piccolo per la presenza delle coste, che vanno a formare la gabbia toracica con funzione di protezione.

Tra i vari segmenti vertebrali, a partire dai primi cervicali fino alla quinta vertebra lombare, ci sono dei dischi intervertebrali cioè dei cuscinetti di ammortizzazione per il carico, che posti tra una vertebra e l’altra donano elasticità e ammortizzazione appunto nei movimenti.

 

CAUSE

Abbiamo detto che le vertebre lombari sono molto grandi perché devono sopportare molto peso e sono molto mobili. Di conseguenza, nella colonna lombare il movimento legato alla vita di tutti i giorni è molto ampio e questo predispone all’usura delle parti. A questo si sommano i processi d’invecchiamento (degenerazione, artrosi) che possono portare a dolori alla schiena. A causa di questi fenomeni di consumo, il movimento tra le vertebre causa dolori. Non solo le vertebre invecchiano e si consumano…anche i dischi intervertebrali con il passare del tempo diventano più sottili e svolgono la loro funzione di ammortizzatore con minore efficacia, soprattutto se durante la vita di tutti i giorni si è abituati a portare dei carichi (lavori pesanti come magazziniere, operaio, agricoltore…) o si è soggetti a continue vibrazioni (autisti di camion, trattori, motociclisti…). In sintesi, invecchiamento ed usura della parte ossea e discale portano alla degenerazione dei tessuti.

 

CHI COLPISCE

Nella colonna lombare, usura e processi d’invecchiamento (degenerazione, artrosi) si riscontrano già dopo il completamento della crescita, non è quindi così poco comune trovare questo tipo di degenerazione anche nella popolazione più giovane. In generale però si può dire che con l’età questi processi si fanno più comuni e anche dal punto di vista dell’usura con l’età si ha maggior predisposizione ad artrosi della colonna. Come già detto, chi svolge lavori usuranti e porta molti carichi o è soggetto a continue vibrazioni, farà parte di quei soggetti più a rischio di artrosi, stenosi del canale midollare ed ernie. Abbiamo in precedenza spiegato cosa si intende per artrosi; per stenosi del canale midollare si intende invece un restringimento del diametro del canale vertebrale e/o dei forami intervertebrali a carico generalmente del rachide lombare (in greco, stenosis significa restringimento). La conseguenza del restringimento è la compressione delle radici spinali e della guaina che le avvolge, la dura madre. I livelli più frequentemente colpiti da stenosi sono il tratto L4-L5 (tra la quarta e la quinta vertebra lombare) o tra L5-S1 (tra la quinta lombare e la prima sacrale). Per ernia del disco (anche ernia discale), infine, ci si riferisce alla fuoriuscita del materiale che costituisce il nucleo polposo dei dischi intervertebrali; tale fuoriuscita è provocata dalla rottura o dalla degenerazione dell’anello fibroso del disco intervertebrale. L’ernia uscita può causare la compressione di un nervo e causare dolore. Tutti questi processi di degenerazione possono andare di pari passo, tutti insieme, in un quadro di degenerazione globale della colonna lombare.

 

SINTOMI

I processi di degenerazione quali artrosi, stenosi ed ernia del disco spesso non causano alcun sintomo, infatti quando l’ernia non esercita pressione sulle radici dei nervi (tipicamente nel caso di ernia contenuta), non provoca dolore o altri sintomi. Ma quando il nucleo fuoriesce dal disco, andando a comprimere i nervi, si avverte invece dolore nella zona della colonna interessata, che si può diffondere a un arto di un lato del corpo, seguendo il percorso del nervo colpito (in altre parole, si avverte dolore lombare che può irradiare ad una gamba). Il dolore si instaura improvvisamente e peggiora nelle situazioni in cui aumenta la pressione sulla radice nervosa, per esempio tossendo o starnutendo, stando seduti o in piedi, a seconda della posizione dell’ernia. Non è da escludere che al passare dei mesi possono comparire altri sintomi dovuti alla compressione sul nervo: i nervi spinali contengono sia fibre responsabili della sensibilità tattile, sia fibre deputate a innervare i muscoli, pertanto possono presentarsi disturbi sensitivi: formicolii, riduzione della sensibilità o assenza di sensibilità lungo il decorso del nervo colpito e disturbi motori, ipotrofia dei muscoli coinvolti (muscoli più sottili e poco potenti) e debolezza muscolare fino, nei casi più gravi, alla paralisi dei muscoli innervati dal nervo danneggiato. Si parla quindi di “lombosciatalgia” quando il dolore parte dalla regione lombare e si estende a un arto inferiore, dal gluteo fino al piede; può colpire la parte posteriore dell’arto inferiore oppure la parte laterale, a seconda della radice nervosa interessata. Il sollevamento dell’arto teso accentua il dolore, poiché stira le radici dei nervi. Negli stadi più avanzati si possono riscontrare alcuni deficit motori, il paziente può infatti zoppicare da un gamba o avere difficoltà a camminare sulle punte dei piedi o sui talloni.

 

A CHI RIVOLGERSI

La diagnosi viene posta dal medico curante mediante un’accurata visita, che indagherà l’evocazione del dolore con opportune manovre e comprenderà un esame neurologico, ovvero la valutazione dei riflessi, della sensibilità e della forza muscolare. Generalmente se il vostro medico curante sospetta un grado di degenerazione, vi invierà da un medico specializzato quale un neurologo o un ortopedico specialista di colonna. Quando i sintomi persistono oltre un intervallo di tempo che supera i 3-6 mesi, è opportuno approfondire la diagnosi con l’impiego di una diagnostica per immagini del segmento della colonna interessato (lombare nel caso che stiamo trattando): l’esame che si è dimostrato più efficace per studiare tale patologia è la risonanza magnetica (RMN) accompagnata da un esame radiografico (RX). Un intervento chirurgico di stabilizzazione della colonna vertebrale (fusione spinale) sarà considerato solo se i sintomi sono così gravi da impedire al paziente di far fronte al dolore e limitarlo nella sua quotidianità. Una stabilizzazione della colonna vertebrale è indicata quando sono stati esauriti tutti i trattamenti “conservativi” come fisioterapia, terapia manuale, infiltrazioni, farmaci… Obiettivo della chirurgia di fusione è bloccare il movimento doloroso causato da usura del disco intervertebrale e dalle faccette articolari.

 

TECNICA CHIRURGICA DI STABILIZZAZIONE

Nella maggior parte dei casi, l’intervento chirurgico di stabilizzazione viene eseguito con il paziente sdraiato a pancia in giù sul lettino. I muscoli della schiena vengono spostati per consentire l’accesso alla colonna vertebrale, quindi vengono inserite delle viti in titanio nel corpo vertebrale e collegate tra loro. Inoltre l’osso che comprime le radici nervose viene tolto. In molti casi viene aggiunta una gabbia nello spazio tra una vertebra e l’altra. Le viti e barre hanno il compito di immobilizzare parte della colonna vertebrale così a lungo fino a garantire la consolidazione ossea, cioè il processo di formazione osseo. Solo allora si raggiunge una fusione permanente di parte della colonna vertebrale. Non sempre si tolgono le parti metalliche inserite, in quanto il titanio è ben tollerato dal corpo umano. In casi scelti è possibile eseguire lo stesso tipo di intervento con la tecnica mini-invasiva: questa permette d’inserire le viti con un altro accesso, in modo da evitare uno scollamento della muscolatura dorsale dalle vertebre. Anche questa tecnica permette d’inserire una gabbia intersomatica e ottenere la consolidazione ossea. Ci sono altri accessi possibili, si tratta di quelli per via anteriore (ALIF) o laterale (XLIF). In entrambi i casi si evita di danneggiare le strutture posteriori e di scollare la muscolatura dorsale. La tecnica anteriore può essere eseguita sia attraverso la cavità addominale sia per via retroperitoneale.

 

METODO SPAZIO MEDICA

Grazie all’intervento chirurgico, si può dire che un buon risultato può essere raggiunto in due terzi dei casi, vale a dire miglioramento del dolore superiore del 75% dei pazienti che si sottopongono a tale intervento. La grande maggioranza dei pazienti dopo intervento di fusione vertebrale riesce ad affrontare molto bene il dolore restante che ne deriva. Il paziente dovrebbe riuscire a non assumere più farmaci per il dolore, diventa pienamente operativo e non è sostanzialmente limitato nella sua attività di tempo libero.

In Spazio Medica verrete seguiti da un’équipe di professionisti che in sinergia lavorerà per garantirvi il miglior recupero possibile dei movimenti della vostra colonna, della forza muscolare e dei gesti che normalmente si compiono nella vita di tutti i giorni. Generalmente, prima di iniziare un percorso riabilitativo, viene svolto un colloquio con i responsabili della riabilitazione, i quali raccoglieranno tutti i dati importanti e vi chiederanno di portare con voi gli esami strumentali che avete eseguito, unitamente ai referti e alla lettera di dimissione dell’ospedale dove avete eseguito l’intervento. Loro sapranno condividere con voi gli obiettivo del percorso e spiegarvi a cosa andrete incontro, stabilendo così in accordo un piano terapeutico personalizzato.

In una prima fase post intervento, gli obiettivi che l’équipe riabilitativa di Spazio Medica si dà sono quelli di rimuovere le aderenze date dalla cicatrice dell’intervento, in modo che i tessuti possano scorrere in modo armonico, e togliere il dolore. In questo primo momento quindi si lavora molto con la terapia manuale abbinata eventualmente alla terapia strumentale quale la Tecar Sin, al fine di minimizzare il dolore e l’infiammazione dei tessuti. Una volta raggiunti questi obiettivi, si passa alla fase di recupero della mobilità della colonna e del recupero della forza muscolare dei muscoli più vicini alla colonna, che inevitabilmente sono diventati più sottili e deboli in relazione allo stato pre-chirurgico e all’immobilizzazione post-chirurgica. Quindi vengono svolti esercizi dapprima passivi, poi attivo-assistiti fino a richiedere delle contrazioni muscolari attive al paziente. La terza fase, quella finale, viene svolta nella palestra di Spazio Medica, a differenza delle due fasi precedenti in cui si lavora in ambulatorio con trattamento individuale. In questa terza fase, si persegue ancora come obiettivo quello del recupero della forza e dell’articolarità, ma con specifici esercizi che mirano a portare il paziente a poter compiere nuovamente i gesti della vita quotidiana. Si parla quindi di recupero funzionale, proprio perché vengono riacquistate quelle funzioni perse che non venivano svolte da molto tempo a causa del dolore e/o dell’impotenza funzionale.

 

 

 

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  • ARTROSI
  • lombare
  • stabilizzatore vertebrale

Autore: spaziomedica